“Scalinatella longa, longa, Strettulella”: l’Alberata Aversana 2022

“Scalinatella longa, longa, longa, Strettulella Strettulella”: l’Alberata Aversana 2022

Di Elsa Leandri

La canzone “Scalinatella” di Fausto Cigliano, ci parla di una scalinata lunga, lunga, lunga e stretta, stretta che dovrà percorrere per trovare la sua amata. Sarà questo sottofondo musicale, sarà il bicchiere indorato d’Asprinio e il pensiero vola alle uve maritate, all’Alberata Aversana e al percorso iniziato verso il riconoscimento di Patrimonio Immateriale da parte dell’Unesco.

L'uva sana di Tenuta Fontana, articolo “Scalinatella longa, longa, longa, Strettulella Strettulella”: l’Alberata Aversana

L’uva sana di Tenuta Fontana, articolo “Scalinatella longa, longa, longa, Strettulella Strettulella”: l’Alberata Aversana 2022

L’Alberata Aversana

In 22 comuni campani troviamo una particolare coltivazione, un legame stretto e indissolubile tra un albero infruttifero, come il pioppo o l’olmo, e la vite: questo tipico allevamento noto come alberata aversana trae le sue origini già in epoca etrusca, periodo in cui si iniziava ad addomesticare la vite.

La disposizione delle alberate ricalca però molto la centurazione romana, ovvero la suddivisione dei territori agricoli secondo una disposizione ortogonale e questo fa pensare che dobbiamo loro la sua diffusione nel territorio agro-pontino.

La crescita in verticale, che arriva a 15-20m d’altezza, era dettata principalmente per sfruttare al massimo il suolo in modo da non togliere terreno alla coltura di frutta e cereali. Il tutore vivo offre quindi sostegno alla vite, permettendole di arrampicarsi, di salire verso il cielo e di essere irradiata dai raggi solari.

Spettacolari e magnifici alla vista questi sistemi di allevamento richiedono però molte energie. Gli uomini che si occupano delle potature, della raccolta dell’uva sono chiamati anche “uomini ragno”, perché grazie a delle scale lunghe e strette, gli scalilli, che sono costruite su misura, si muovono con abilità da una parte all’altra dell’alberata.

L’altezza dello scalillo è di circa 15-20 m tale da coprire tutta la crescita verticale della vite e la distanza tra i pioli è precisamente la lunghezza della gamba in modo da poter inserire all’interno dell’incavo il ginocchio così da avere le mani libere per poter lavorare.

Usano dei cesti (fascine) appuntiti in cui mettere le uve che raccolgono in modo da poterle calare con la fune senza che questi si rovescino: impensabile infatti salire e scendere di continuo dallo scalillo. Si potrebbe parlare anche in questo caso di viticoltura eroica dal momento che le energie richieste sono molte.

Tenuta Fontana un momento di raccolta delle uve in vendemmia

Tenuta Fontana un momento di raccolta delle uve in vendemmia con le “Fascine” Alberata Aversana

Se quando Mario Soldati fece il suo viaggio in Campania alla scoperta dei vitigni autoctoni i terreni coltivati ad alberata ricoprivano circa 16.000 ettari, oggi se ne contano circa 32 ettari. Le cause dell’abbandono di tale allevamento sono ovviamente legate alla difficoltà di coltivazione, ma soprattutto all’elevata costruzione edilizia che si è verificata in questi ultimi 50 anni.

Volontà della Regione Campania è quello di salvare l’alberata aversana, già riconosciuta presidio Slow Food e Patrimonio Immateriale della Regione Campania nel 2019: prossimo step, l’essere inserito come Patrimonio Immateriale da parte dell’UNESCO.

Calice di Alberata Asprinio Tenuta Fontana

Calice di Alberata Asprinio Tenuta Fontana

Ma qual è il vitigno protagonista di tale allevamento?

È unicamente l’Asprinio d’Aversa che secondo le ultime evidenze del Prof. Scienza non differisce geneticamente dal Greco di Tufo. È coltivato a piede franco grazie alla presenza di territori sabbiosi, ostili quindi alla fillossera, e come suggerisce il nome si caratterizza per un’elevata acidità, che lo rende idoneo anche a una spumantizzazione.

Tenuta Fontana e Alberata, Asprinio d’Aversa DOC 2019

Bottiglia e calice Tenuta Fontana e Alberata, Asprinio d’Aversa DOC 2019

Bottiglia e calice Tenuta Fontana e Alberata, Asprinio d’Aversa DOC 2019

Oggi nel calice abbiamo Alberata, Asprinio d’Aversa DOC 2019 di Tenuta Fontana.
L’azienda nasce nel 2009 grazie all’intraprendenza di Mariapia e Antonio Fontana con i genitori Teresa Diana e Raffaele. La grande attenzione verso la loro terra e la voglia di dar rivalsa a quei vitigni autoctoni come l’asprinio, lo sciascinoso e la falanghina li hanno portati ad operare in regime biologico.

Già dal nome dell’etichetta, Alberata, si ha un richiamo al sistema di allevamento di cui abbiamo parlato precedentemente e in questo caso la produzione deriva da viti del 1800. La vinificazione prevede fermentazione in anfore di terracotta e affinamento in anfora e in acciaio per, rispettivamente, 7 mesi e 6 mesi su fecce fini.

La veste dorata e brillante ci preannuncia sentori intriganti e complessi. È un susseguirsi di note floreali, fruttate che si rincorrono e che si svelano una dopo l’altra: mimosa, camomilla essiccata, ginestra, tarassaco, pesca gialla sciroppata, albicocca secca, cedro candito, ananas. Una spruzzata di anice stellato e un tocco di miele d’acacia, completano il quadro. La freschezza dell’Asprinio è presente e fa fronte alla morbidezza regalando una chiusura molto lunga.

Conclusioni

Tenuta Fontana fa parte di quei produttori che hanno scelto di salvaguardare questo tipo di coltivazione, una coltivazione in cui non si parla di resa per ettaro, ma di resa in Kg per metro quadro per filare, una coltivazione che va salvaguardata per motivi storici e di tradizione, un patrimonio ampelografico.

Di Elsa Leandri

Elsa Leandri autrice articolo, è sommelier, blogger, esperta vitivinicola.

Elsa Leandri autrice articolo, è sommelier, blogger, esperta vitivinicola.


Sito Cantina: https://www.tenutafontana.com/

Partner: https://www.foodandwineangels.com/